Sebbene un contraente decida di invocare la clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto, il Giudice deve valutare l’inadempimento dello stesso, se eccepito dall’altro contraente, in quanto logicamente precedente rispetto alla risoluzione del contratto.

In questi termini si è espressa la Corte di Cassazione con una recentissima ordinanza (n. 41326 del 23 dicembre 2021) in una causa di opposizione a decreto ingiuntivo.

Nella fattispecie, le parti avevano stipulato un contratto di affitto di azienda alberghiera. A causa del mancato pagamento di due canoni di affitto, la proprietà aveva risolto il contratto avvalendosi della clausola risolutiva espressa ed ottenuto decreto ingiuntivo per l’importo impagato.

L’affittuario si era opposto al decreto, affermando l’inadempimento della proprietà connesso a vizi strutturali dell’immobile oggetto del contratto di affitto, con conseguente richiesta di risarcimento del danno. Ciononostante, sia in primo che in secondo grado i Giudici avevano ritenuto che la clausola risolutiva espressa prevalesse sull’eccezione di inadempimento.

La Cassazione, intervenuta a seguito di ricorso, ha invece affermato che la dichiarazione della parte di avvalersi della clausola risolutiva non può precludere la valutazione dell'inadempimento della parte che dichiara di volersene giovare. Ciò, in quanto risulta necessario accertare la sussistenza di un inadempimento colpevole - nel caso di specie, i vizi strutturali dell’immobile che avevano reso lo stesso inadeguato ad ospitare la clientela- al fine dell'attivazione degli effetti risolutivi.

Con tale pronuncia, la Cassazione ha quindi aderito alle più recenti sentenze che, sul punto, hanno affermato la pregiudizialità logica dell’inadempimento rispetto alla risoluzione.

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avv. Martina Pasetto