La Cassazione, con una recente ordinanza (n. 17383/2020), si è pronunciata sulla richiesta di risarcimento dei danni derivanti dalla violazione della normativa privacy per l’asserita conoscibilità dei dati contenuti in una raccomandata.

Nel caso di specie, un’associazione di professionisti operante nel settore della progettazione, aveva ritenuto lesa propria privacy per aver ricevuto da parte di un Istituto bancario una comunicazione, via raccomandata, di revoca del mandato. La violazione, secondo il ricorrente, era determinata dal fatto che la comunicazione risultava priva di busta e ripiegata su sé stessa, con conseguente potenziale lettura della stessa da parte di terzi.

In Tribunale di merito, prima e la Cassazione, poi, hanno ritenuto che quanto dedotto dall’associazione non fosse sufficiente per affermare una lesione risarcibile, in quanto non risultavano provate né la lettura del contenuto della comunicazione da parte di terzi, né il conseguente danno di natura non patrimoniale.

La Corte ha infatti precisato che il diritto al risarcimento del danno ai sensi dell’art 2050 c.c. non è da considerarsi in re ipsa nella violazione della normativa privacy, ma deve essere dimostrata la gravità della lesione e la serietà del danno, quale, ad esempio, la perdita di natura personale patita dall’interessato.

 

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avv. Martina Pasetto