La Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n. 32260/2025, ha confermato la condanna per frode in commercio di un’azienda che commercializzava prosciutto crudo con l’etichetta “tipo Parma”, pur non trattandosi di prodotto DOP né legato al Consorzio del Prosciutto di Parma.
Secondo la Suprema Corte, la dicitura “tipo Parma” costituisce un inganno idoneo a trarre in errore il consumatore medio circa l’origine, la qualità o la provenienza del bene. Non rileva la volontà o la consapevolezza dell’acquirente, poiché la norma tutela l’onestà del commercio e la fiducia collettiva nei segni distintivi delle produzioni certificate.
In altri termini, evocare un marchio protetto, anche solo attraverso espressioni linguistiche che lo richiamano, lede l’interesse pubblico alla lealtà commerciale e può comportare responsabilità penale per l’impresa e per i suoi amministratori o dirigenti, oltre a ripercussioni reputazionali.
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Christian Cerutti
Studio Legale Santosuosso Avvocati Lexcom
