Le nuove norme europee – la Direttiva UE 2024/2853 sulla responsabilità da prodotto difettoso e il Regolamento UE 2024/1689 (AI Act) – introducono cambiamenti significativi per tutte le imprese che utilizzano sistemi di intelligenza artificiale nei propri processi, prodotti o servizi.
Per la prima volta, il software e l’IA vengono espressamente considerati “prodotti” ai fini della responsabilità civile. Pertanto, qualora l’uso di un sistema di Intelligenza Artificiale causi un danno a utenti finali o terzi per un anomalo funzionamento, potrà risponderne non solo il produttore del sistema ma anche l’impresa che lo utilizza, in particolare nei casi in cui la stessa impresa personalizza i modelli con propri dati, integra sistemi provenienti da fornitori diversi oppure gestisce direttamente aggiornamenti e configurazioni.
L’AI Act, pur essendo rivolto principalmente ai produttori dei sistemi di IA, avrà quindi un impatto diretto anche sugli utilizzatori. I requisiti che introduce – come la gestione del rischio, la trasparenza, la governance dei dati e la sorveglianza post-market – diventeranno standard di diligenza: se un’impresa non verifica la conformità dei sistemi che impiega o non documenta adeguatamente il proprio uso, potrà trovarsi esposta a responsabilità.
Un punto rilevante riguarda i rapporti contrattuali tra produttore ed impresa che lo utilizza e tra quest’ultima e l’utente finale. In tale contesto l’ assenza di clausole specifiche sulla responsabilità può trasformarsi in lunghi e costosi contenziosi ed è quindi fondamentale definire per tempo ruoli, flussi di aggiornamento e regole sulla gestione dei dati, così come rivedere le coperture assicurative che non contemplano sempre in modo specifico i rischi legati all’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale.
In questo nuovo scenario, risulta pertanto opportuna una analisi sulle modalità di utilizzo dei sistemi di Intelligenza Artificiale, individuare i rischi ed adottare dei modelli contrattuali e organizzativi preventivi e protettivi dell’attività d’impresa.
Daniela Salvati
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